Codice segreto: PIZZA FRITTA.

Storia e curiosità sulla pizza del popolo
C’era una volta a Napoli la pizza, c’era una volta appena dopo la pizza fritta.
Già perché’ la pizza fritta nasce come parente povero di quella tradizionale nel periodo del dopoguerra per venire incontro sia all’esigenze economiche del popolo sia alla carenza di ingredienti. Oltretutto a scarseggiare erano anche i forni a legna, andati distrutti durante i combattimenti così si cominciò a pensare che l’impasto poteva essere cotto nell’olio bollente anziché con il calore del forno. Tale metodo di cottura conferiva alla pizza un notevole rigonfiamento il quale provocava una sensazione di maggiore sazietà rispetto alla pizza cotta nel forno e ciò era un motivo ulteriore per proporre quel tipo di pietanza in un periodo di transizione.
La pizza fritta nasce, quindi come pizza del popolo e per avvalorare maggiormente questa tesi si può far ricorso al ricordo de “la pizza a otto” ovvero “la pizza a ogge a otto” cioè la possibilità di prendere la pizza a credito, mangiarla nell’immediato per poi pagarla dopo otto giorni. Sono quel genere di cose (popolo, cuore, anima e fritto) che si possono annoverare solo tra i vicoli di Napoli. Provate a farmi ricredere.
La pizza, il simbolo napoletano per antonomasia, è sicuramente uno dei più caratteristici e positivi segni distintivi che segnala Napoli e i napoletani nel mondo. Tutti la amano, tantissimi la copiano, tanti vogliono riproporla.
E la pizza fritta? Se la margherita rappresenta una sorta di divisa culturale che fa riconoscere un napoletano in ogni dove allora la pizza fritta sarebbe come un codice segreto, una parola d’ordine interna che ci permette di riconoscerci tra di noi. È qualcosa che appartiene solo a noi, è una tradizione ancora fortemente ancorata ai nostri vicoli. Una pizza fritta, forse, fa ancora più napoletano di una pizza margherita.
Oggi attraverso i social media, grazie ai franchising e alle catene anche questo tipo di pizza sta cominciando a girare l’Italia ed il mondo mentre fino ad una decina di anni fa era un prodotto che sarebbe stato improbabile poter ordinare anche a Caserta. Anche gli altri stanno imparando a conoscerla ma la sua quotidianità appartiene solo a noi.

Ai quartieri spagnoli, in Via Speranzella c’è un basso, “nu vascio” che può contare una storia di pizze fritte quasi centenaria. La signora Fernanda frigge pizze ogni di, lo fa per i quartierani, per napoletani in avanscoperta e soprattutto per turisti. Stare lì ad osservare un turista mangiare, ovvero divorare, una pizza fritta bollente che erutta ricotta incandescente e lapilli di “cicoli” (ciccioli) senza batter ciglio e soprattutto senza curarsi del problema “’nzevamiento” che quell’atto provoca a sé stesso e ai suoi indumenti è qualcosa di meraviglioso perché si assiste ad un atto d’amore, amore passionale verso Napoli.

Fortunatamente oggigiorno non si scrive più su carta, se così non fosse ora stareste leggendo queste mie parole su un pezzo di carta stropicciato ed “inzevato”, perché’ non potrei scrivere dei pensieri sulla pizza fritta senza averne un ricordo fresco. Oltre alle macchie d’olio di frittura con molta probabilità sull’ipotetico foglio ci trovereste anche aloni di pomodoro ma questo non sarebbe certo un segno di non-curanza o mancanza di rispetto verso di voi, no, sarebbe solo un segno del mio sconfinato ed ipercalorico amore.
Napoli la si ama in tanti modi, anche, a volte, con 3-4 bocconi.

FABIO DE RIENZO

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