Il dono di Marechiaro – la fortuna di chi nasce a Napoli

Il dono di Marechiaro

la fortuna di chi nasce a Napoli

Il mondo é terribile.
Personalmente lo soffro, ma cerco di non subirlo.
Le nostre teste sono affollate da troppi pensieri superflui, il più delle volte.
Credo esista in ognuno di noi una zona d’ombra più o meno spessa, più o meno resistente, che abbia bisogno urgente e sincero di combattere quel mondo.
Standoci dentro e mai del tutto fuori.

Se sapeste quanto siamo fortunati ad esser nati in questa città, circondati da luoghi unici al mondo per bellezza e storia, questo processo catartico e necessario al benessere mentale di ognuno, risulterebbe quasi automatico per tutti. Diventeremmo persone migliori, poco a poco, lasciando fluire, come barche alla deriva, ogni sentimento negativo, ogni sensazione sbagliata, rendendo così, noi stessi, Napoli, e la società lì fuori, un posto degno in cui vivere e non sopravvivere.

Marechiaro è uno di quei posti speciali che Parthenope ci ha donato.
È rimasto un certo luogo magico e misterioso, anche un po’ oscuro, per certi versi, dove le vicende del mondo non camminano.
È discesa fisica e ascesa spirituale.
Scinne a Marechiaro e il mondo si ferma ma ci sei comunque dentro.
Luogo dove il sole sfrutta in un giorno quello che altrove tarda un mese e più a fiorire. Qui fiorisce tutto, niente muore.

A Marechiaro la vita pulsa e consuma il giorno, fino a quanno sponta la Luna. E quanno sponta la Luna a Marechiaro, pure li pisce ‘nce fanno a ll’ammore, no?

A Marechiaro si “priàto”, che potrebbe tradursi con “felice”, certo, ma il sentimento d’a prièzza non è sentimento di contentezza vacua che si usa scambiare per felicità. È benessere che non si compra, che non si chiede, che niente ha a che fare con le miserie dell’apparenza che questa società ci impone.

‘A prièzza è ‘a Cuntentezza, è ‘a Felicità.
E vene da ‘o core.

(La Lingua Napoletana rende sempre meglio un sentimento, forse inesprimibile.)

Esperienza necessaria per un Napoletano, Marechiaro.
Per l’uomo o la donna d’amore che è e che tende ad essere, per dovere, talvolta, e per diritto, talaltra.
E per il sangue che ci scorre nelle vene, un misto tra acqua di mare e passione, siamo e saremo sempre gente inevitabilmente romantica, che ancora guarda Carulì nascosta dietro una finestra con un garofano, canticchiandone i versi ispirati.

Ricerchiamo il mare, noi.
È il nostro destino.
È esso la nostra stessa natura, rifugio di una vita complicata altrimenti insopportabile.
E allora ce ne veniamo qui, guardiamo alla finestra, ondeggiamo con i fianchi alle luci del tramonto, imitando il mare che culla le imbarcazioni, e mentre questo microcosmo si spegne dolcemente, con occhi sognatori, così rari e così perduti nel mondo fuori, chest’aria ce trase int’â ll’anema, il cielo su Napoli è uno spettacolo divino.

Se revòtano ll’onne d’o mare, passa ll’acqua pe’ sotto e murmuléa.
Scetate Carulì, ll’aria è doce.

Ylenia Petrillo

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