La linea di confine

LA LINEA DI CONFINE 

di Salvatore Iodice

Oggi parleremo di confini, di cosa siano, di chi li inventa, di chi si avvicina, di chi li passa e di chi li viola.
I Quartieri Spagnoli dovrebbero essere un luogo ben definito e perfettamente inquadrato in quello spazio di tredici traverse che iniziano nei dintorni di piazza carità e finiscono quasi a piazza San Ferdinando.
Ma siamo sicuri che sia proprio così? Per quanto mi riguarda questo è solo il punto in cui sono stati edificati quegli agglomerati di stradine detti “vicoli” che vedono nascere una moltitudine di persone che si fregiano dell’appellativo di “quartierani”. Vi assicuro che effettivamente hanno un grande senso di appartenenza e lo dimostrano specialmente quando sono fuori da questo immaginario confine, infatti il modo di appartenere a questo posto si manifesta nella sua forma più limpida proprio quando ci si allontana dal quartiere.
Quindi io mi chiedo se sia veramente tangibile e reale questo confine o è uno stato d’animo che alla fine rende quartieri spagnoli ogni posto che frequentiamo. Forse riflettendoci sarà proprio così, anche perché provando a riflettere su questo tema mi rendo conto che c’è già qualcuno che ha inventato il nord ed il sud, Napoli e Salerno, i quartieri spagnoli ed il rione sanità, quelli della parrocchiella e quelli di Sant’Anna di palazzo, il vicolo di sopra e quello di sotto, il primo piano e l’ultimo, addirittura c’è l’esempio più drastico, quello del vicino sul pianerottolo, non vorrei esagerare ma qualcuno mette confini sulla porta della propria camera.
Mi fermo qui perché più vado avanti e più mi rendo conto che è inutile alzare barriere in ogni posto dove crediamo di essere padroni.
Non sarebbe meglio togliere, abolire e sconfiggere questa pratica così odiosa e sentirci finalmente liberi di percorrere tutte le vie del mondo senza doverci preoccupare di che nomi portano i posti e di chi li “possiede”?
Fateci caso quando siete all’estero e vi chiedono da dove venite subito rimarcate il fatto che venite dai QS e quindi così facendo allungate, spostate e allargate il confine che in realtà è solo una proiezione mentale del vostro pensiero ma che non serve ad altro che rendervi ancora di più rinchiusi nel vostro piccolo orticello.
Assolutamente non sono in vena polemica ma chiudersi in uno spazio delimitato serve a restringere il proprio campo visivo e quindi ci rende piccoli.
Adesso proviamo a non sentirci fuori luogo quando entriamo in zone in cui ci sono nomi sconosciuti e proviamo a diventare cittadini del mondo, che se proprio lo vogliamo guardare bene, rispetto alla sterminata vastità dell’universo che ci ospita, risulta grande quanto un granello di sabbia.
Pensate se potessimo un giorno trovarci nel lato opposto della galassia, e presentarci dicendo io sono dei quartieri spagnoli, (hahahahaha che risate si farebbero gli alieni), forse in un momento come quello ci sentiremmo stupidi, ma pur sempre fieri del posto dal quale veniamo.
Tutto questo parlare non serve ad altro che a scavare anche nel nostro passato fino ad arrivare ai giorni nostri per capire come abbiamo resistito per 500 anni senza estinguerci e mi rispondo che forse non è stato il confine a proteggerci, ma le nostre radici, quelle sì che sono importanti, è lì che abbiamo edificato il nostro senso di appartenenza non di certo il nostro piccolo confine di piazza carità!
Io dico che è la nostra napoletanità a renderci così……….
Non perdetevi il resto nel prossimo pezzo che non so quando finirò di scrivere.

 

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