Salvatore, l’artista dei rifiuti che porta la bellezza ai Quartieri Spagnoli: «I residenti finanziano i miei lavori». Restaurerà il murales di Maradona

Raccoglie per strada rifiuti abbandonati e li trasforma in opere d’arte.
Cerca di costruire una rete di artisti e creativi che abbiano voglia di “fare”. Lavora per dare un colore e un futuro al luogo in cui vive e a cui sente di appartenere più di ogni altro, i Quartieri Spagnoli.

Salvatore Iodice ha 40 anni e il viso scavato e vivace tipico dei napoletani operosi che non aspettano la “ciorta” ma che piuttosto si impegnano per cambiare le cose. Da anni va in giro per la città cercando materiale abbandonato che poi ricicla nel suo laboratorio, “Riciclarte”, in vico Giardinetto: trasforma la “spazzatura” in arte, per abbellire i Quartieri e dare una speranza agli abitanti della zona.

Quando gli chiedo come gli sia venuta in mente questa idea quasi si stupisce della domanda: «Come si può non pensare al bene del posto in cui sei nato? Io abito qui, in vico Tre Regine. Mi sono guardato attorno e ho visto che mancavano un sacco di cose, dai cestini per la spazzatura alla segnaletica. Poi ho visto che le persone che salgono il vicolo non ce la fanno, devono fermarsi ogni tanto a riposare, e mi è venuta in mente l’idea delle panchine ricavate dai letti abbandonati. Non ci vuole molto, basta pensare al proprio quartiere».

Salvatore ha dato vita a un vero e proprio modello di arredamento urbano. Fabbrica cestini artistici che regala ai negozianti dopo averli decorati con colori vivaci, crea frecce di legno colorate che fungono da segnaletica stradale e che indicano la strada per il “panorama”, per il “murales Maradona” o per la metropolitana. Con il suo progetto, “Panchinarte”, ha ideato panchine artistiche utilizzando letti abbandonati per strada: c’è quella bianca e nera, che ricorda i tasti del pianoforte, per esempio, o quella a strisce colorate. Grazie a lui, un letto di cui chissà chi si è disfatto abbandonandolo per strada offre ristoro ai passanti che non riescono a risalire il vicolo senza arrancare.

È artista, artigiano, ma soprattutto uomo di quartiere. Raccoglie rifiuti abbandonati ovunque gli capiti, con una preferenza per i vicoli adiacenti il suo laboratorio. «Ci sono troppi rifiuti per strada – spiega – La colpa è del cittadino, sia chiaro, perché è solo in un secondo momento che sorge il problema di chi deve venire a prenderli. Se gli spazzini tolgono una montagna di rifiuti e poi quella si riforma non ne usciamo più». E così Salvatore va in giro per i vicoli a raccogliere vecchi pezzi di legno di castagno, quelli che si usavano nel ‘600 per fare i solai delle abitazioni e che con le ristrutturazioni vengono abbandonati per strada: «Ho scoperto che hanno una venatura molto interessante e ho iniziato a ricavarne delle sculture». Dipinge quadri le cui tele sono ricavate da stoffe in giacenza nei negozi, quelle che dopo essere rimaste per anni piegate sugli scaffali acquistano una linea di sporco che non consente più di venderle: «Grazie a me il negoziante non deve smaltirle e io ci ricavo delle tele da dipingere». Le pitture che usa sono quelle scadute, gliele portano fino in laboratorio, o va a ritirarle di persona. Potrebbe acquistare i materiali a sue spese, ma così rende un servizio al quartiere ripulendolo e dimostra che ciò che per altri costituisce un rifiuto per lui è creatività. Al suo attivo ha 70 frecce che fungono da segnaletica e 60 cestini decorati creati con materiali riciclati. Al momento sta lavorando alla sua terza panchina artistica.

Salvatore ha un passato da artigiano pellettiere: «Facevo le borse, non sono nato falegname. A un certo punto, però, ho pensato di aprire un laboratorio di falegnameria. La manualità già la avevo: avevo dato una mano a un amico per un paio di mesi e ho deciso di fare questa scommessa con me stesso. Il 4 luglio ho compiuto 10 anni di lavoro qui: la scommessa credo di averla vinta».

Al di sotto del suo laboratorio, che occupa da affittuario, Salvatore ha trovato uno scantinato pieno di rifiuti, lo ha totalmente ripulito e vi ha creato la “Miniera”, un luogo per concerti e mostre. «Da qui sono passati “La Maschera”, un gruppo musicale napoletano, Dolores Melodia, che canta le canzoni di Viviani, persino un gruppo norvegese dal nome impronunciabile che prendeva a pugni gli strumenti creando tonalità particolari: c’era una al contrabbasso che sembrava posseduta, un altro che suonava la chitarra con quell’oggetto che si usa per fare la schiuma nel caffè, un altro ancora che suonava il rullante con i “cotton fioc”. Te ne potrei raccontare tantissimi di concerti del genere. A marzo abbiamo ospitato una banda musicale di francesi, trentacinque elementi, tutti quanti qua fuori al negozio. Abbiamo fatto musica nei Quartieri Spagnoli dopo le 10 di sera, è stato incredibile».

Il quartiere partecipa con gioia alle sue iniziative. Non c’è un negoziante che non sappia dove si trova la “Miniera”, lo conoscono tutti: «Sembra che le persone che abitano qui non aspettassero altro. Sono pronti ad autotassarsi, persino. Quando gli propongo i cestini, gli chiedo di finanziare l’attività con 20 euro e loro me li danno senza perdersi in chiacchiere, non hanno paura che sparisca con i soldi».

Sono in tanti a cercarlo per averlo al loro fianco in iniziative benefiche per la città e per i Quartieri. «Domenica scorsa abbiamo ripulito le scale di San Pasquale con quelli di “Sii turista della tua città” – racconta – Un movimento di ragazzi che si incontrano per pulire strade vandalizzate o fontane imbrattate con la pittura. È stato un grande successo. Mi hanno raccontato che in quattro anni di pulizia e di interventi non avevano mai avuto un contributo da nessuno, invece domenica hanno raccolto 230 euro. Le persone ci regalavano Baci Perugina, caffè, cioccolato, acqua. Erano tutti affacciati alla finestra a guardarci lavorare, ad incitarci. Perché le persone si sentono impotenti quando vedono tutta quella spazzatura, ma se vedono che qualcuno li aiuta ci mettono del loro. Se vivi in una discarica alla fine diventi brutto anche tu, se invece vivi in un posto pulito diventi più bello. Voglio solo dare l’esempio, sperando che qualcuno lo segua, perché da solo non riuscirò a fare molto. È stato bello. Vedi, oggi sei arrivata qui e hai trovato un posto più pulito. Anzi, dopo ci andiamo insieme, perché voglio vedere se le hanno sporcate di nuovo».

Sono tante le iniziative che Salvatore ha in programma. È parte attiva nell’organizzazione della Notte dell’arte, in programma il 12 dicembre al centro storico, su iniziativa della Seconda Municipalità. «Avevano in programma un sacco di eventi ma io ne ho avviati altri dieci solo miei. Ci sarà un parrucchiere che farà i capelli di notte con accompagnamento musicale, un negozio di ombrelli che realizzerà una mostra di ombrelli artistici e, a Largo Baracche, una mostra fotografica di Fulvia Menghi, un’artista che fa fotografie agli abitanti del quartiere. Se ti riconosci nel tuo autoritratto te lo porti a casa. Farò anche esibire un ragazzo di Ercolano, Mallards, che fa una musica orecchiabile e canta in inglese. L’ho conosciuto quando ho partecipato a una puntata di Radio Siani: mi raccontò che aveva prodotto un cd ma che non si era mai potuto esibire se non tra amici. L’ho invitato qui. Cerco di creare una rete. Voglio che i Quartieri Spagnoli diventino come San Gregorio Armeno. Se c’è lavoro per tutti, c’è meno criminalità».

Salvatore dice di non essere un grande tifoso del Napoli, «pur essendo un tifoso del Napoli, nel senso che non potrei tifare per un’altra squadra se non quella della nostra città». Ha comunque avviato una raccolta di fondi per restaurare il murales di Maradona in via Emanuele De Deo. «Ce l’abbiamo quasi fatta, mancano solo 300 euro. Abbiamo preventivato una spesa di duemila euro complessivi perché ci serve un camion elevatore che è costosissimo. Devo riuscire a rifare quel murales in 2-3 giorni». Un murales dove, al posto del viso di Diego Armando c’è una finestra, quasi un sacrilegio. «Quella finestra è un abuso edilizio, ma non è stato commesso da chi vive adesso in quella casa, che anzi ha dato la sua disponibilità affinché si rifaccia il murales. È stato uno dei primi murales giganti d’Italia, ce l’abbiamo da 30 anni e adesso è quasi completamente svanito. Con l’anno nuovo lo rifaremo: se non arrivano i soldi ce li metto io». Quando gli chiedo come fa a raccogliere le donazioni mi mostra una lista di nomi stilata a mano e, accanto a ogni nominativo, una quota: «Vengono qui e mi lasciano i soldi. Non hanno paura che scappi senza fare il lavoro, mi conoscono, se mi vogliono picchiare sanno dove trovarmi».

Salvatore non va solo in giro ad abbellire il quartiere, le sue opere sono anche in vendita: «In un anno ho venduto più di cento dipinti e circa trenta sculture. Quando lo racconto agli altri artisti si mettono le mani nei capelli: in tutta la carriera loro non ci sono riusciti. È che sono un punto di passaggio, un ritrovo turistico, culturale. Qui siamo nell’ombelico dei Quartieri Spagnoli, che sono un po’ l’ombelico di Napoli. Logisticamente abbiamo tutto: metro, cumana, funicolare, porto».

Per Natale, Iodice sta organizzando anche un presepe vivente, in collaborazione con il fruttivendolo Tina&Angelo, sempre ai Quartieri: «Mi occuperò della direzione artistica, loro invece dei figuranti e dei loro vestiti». E ancora, insieme a Karen Torre è impegnato in un progetto per rilevare gli spazi della scuola Francesco Baracca, in via Pasquale Scura. «Appena saranno pronti gli incartamenti partiremo. Insegnerò ai bambini a lavorare il legno e cercheremo di abbellire la scuola. Adesso ci sono pezzi di carta incollati con lo scotch fuori dalle aule che indicano il piano e il numero della classe, voglio metterci delle insegne in legno colorate. La scuola ha una capienza di 1500 alunni e funzionano solo tre aule. Una struttura con tre palestre e spazi enormi dove non c’è nessuno».

Perché un’attenzione particolare Salvatore la rivolge sempre ai bambini: «Voglio realizzare dei box con una fessura tipo cassetta della posta, ne voglio mettere tre o quattro per le strade, a Natale, poi chiedere ai bambini di imbucare le loro lettere per dirci quali sono i loro desideri. Voglio vedere se ne possiamo realizzare almeno uno. I bambini hanno bisogno di spazi dove giocare e dove confrontarsi come facevamo noi da piccoli ma, per colpa dei videogiochi o perché i genitori sono diventati superficiali, non possono; per loro non c’è niente e le associazioni non sono presenti come una volta. Io li faccio venire qua e li metto a dipingere. Gli offro la possibilità di colorare un po’. Se una mamma mette un figlio di 8 anni in mezzo alla strada alle 10 del mattino e alle 10 di sera sta ancora là, non colorerà mai, non vedrà mai un cartone animato sul divano, non avrà mai una vita normale, da bambino. Se invece gli dai la possibilità di mettersi a colorare, gli dai la possibilità di essere un bambino. Sono i bambini più difficili del quartiere, appartengono a famiglie che non hanno un nome e quando si faranno grandi non diventeranno belle persone, magari uno su dieci lo riesci a salvare. Lo faccio perché sono uno di loro, so di cosa hanno bisogno».

Quando mi mostro estasiata di fronte al suo impegno per il quartiere, Salvatore quasi si irrigidisce: «Non è bello che tu sia stupita. Mi dispiace che non sia comune trovare gente come me. Non credo di essere una persona speciale, non sono laureato, sono un ignorante, ma non sono contaminato dalle sovrastrutture e da mentalità estranee. Che ci vuole a capire che bisogna svegliare la gente?». E poi parla dei politici e delle istituzioni che non lo hanno mai aiutato. «Sono venuti solo qualche mese fa a conoscermi. I Quartieri sono un posto dove se metti un po’ di musica la sera, si affaccia quello dal secondo piano e ti dice “sient’ i’ aggia durmì, cerchiamo di non creare troppa felicità in questo quartiere che stiamo bene così, la mia casa è pulitissima, non voglio sapere niente di quello che succede a un centimetro dalla mia porta“. Però quando gli faranno una rapina alle tre del mattino capirà che bisogna dare una mano tutti insieme. Il segreto è quello: se si lavora tutti quanti, nessuno più va a rubare, forse solo un 10% continuerà a farlo».

Salvatore racconta dei turisti che arrivano in tanti ai Quartieri ma che vanno via subito: «Perché non li sanno accogliere, non sono pronti a farlo. Il turista fa un giretto e basta, è terrorizzato, gli viene fatta una cronaca terribile, gli dicono di non muoversi da via Roma. È una politica pessima. Bisognerebbe incentivarli a venire nei Quartieri, dove ci sono le chiese del ’600 e i murales e dove, come in ogni altra città del mondo, bisogna stare attenti alle catenine. Invece li tengono lontani, stanno chiusi a riccio come la formazione a testuggine, non lo capiscono. Non so se con le elezioni continuerò a lavorare con le istituzioni. Si sono avvicinate a me perché c’è la campagna elettorale, in quattro anni e mezzo non li ho mai visti. Però c’è anche da dire che due anni fa non ero così visibile…».

Mentre chiacchieriamo, la moglie di Salvatore dipinge 400 calamite già vendute ad albergatori della zona: «Perché devi comprare nel posto in cui vivi, non fuori, bisognerebbe farne una campagna pubblicitaria».

Mi accompagna con il motorino a vedere le scale di San Pasquale ripulite e prima di uscire ricorda alla moglie che è quasi ora di andare a prendere a scuola la figlia di 7 anni. La porti mai con te in laboratorio? Gli chiedo. «Certo, sempre. Domenica era con me a pulire le scale del corso Vittorio Emanuele. Bisogna fare i genitori in buona fede. Odieremo comunque i nostri genitori, qualsiasi cosa facciano, forse non li capiremo mai, ma finché cresciamo i nostri figli, per loro dobbiamo fare il massimo».
Ilaria Puglia

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