TUNNEL A CIELO APERTO – testimonianze tra la droga

TUNNEL A CIELO APERTO

testimonianze tra la droga

Sono arrivato con i brividi alla schiena e scendendo la scala mi ritrovo catapultato in un girone infernale, quasi come in un film che supera la realtà ed ogni tipo di immaginazione.

Ma torniamo un attimo in dietro di un’oretta, sono solo le 6:30 del mattino quando decido di alzarmi dal letto, d’altronde non avevo chiuso occhio per tutta la notte. Per rubare ventimila lire dal pantalone di tuo fratello c’è bisogno che dormano tutti.

Esco dal portone e prendo la direzione di piazza Dante, con un po’ di fortuna riesco a salire sul primo bus ed in mezz’ora sono sullo stradone a “cobrettopoli”.

 Da lontano la mole di quei palazzoni domina e sovrasta il panorama, mi incammino portandomi verso quei palazzoni che nonostante sia mattina presto, brulicano di giovani ragazzi che con il loro andirivieni fanno sembrare un collocamento quella maledetta piazza di spaccio.

Al quarto piano c’è una calca rumorosa per accaparrarsi una dose, e nel mentre incontro un amico che mi invita in un posto lì vicino per consumare insieme la roba, proprio a poca distanza c’è un sottopasso dove la polizia ed i carabinieri non si avvicinano nemmeno.

Appena arrivati sullo scalone da sopra, subito noto una grande folla di gente di ogni tipo che erano evidentemente lì per lo stesso motivo :chi si fa di eroina a quell’ora per poi portarsi sul posto di lavoro; chi si fa di eroina perché ha passato tutta la notte a farsi di cocaina e quindi deve calmare gli effetti e poter tornare a casa a dormire; chi si fa di eroina per problemi legati alla famiglia; chi perché omosessuale; tra questi c’era chi vuole farsi di eroina ma non  ci riesce più perché ormai dopo tanti anni le vene si restringono e quasi scompaiono ma non c’è da disperarsi perché in quel luogo vive stabilmente una persona tossicodipendente su sedia a rotelle che ha una grande abilità nel trovare le vene, in cambio chiede solo un po’ di roba che conserva in un vasetto di vetro.

Avvicinandomi a quest’uomo per capire meglio cosa faccia, guardo la sua gamba e noto  una fasciatura che copre una ferita sempre aperta e senza credere a quello che vedo noto che lui si inietta l’eroina in una vena che è a vista, cioè ha la carne viva aperta e nella ferita si nota questa vena.

Dopo tanti anni ricordo ancora il fetore di quel posto e provo a chiedermi che fine abbia fatto quella gente, ma non trovo risposta, credo solo che siano ogni uno alle proprie vite, sempre se di vite si può parlare.

Come può una società moderna fallire a tal punto da creare posti del genere?

Quali sono le dinamiche che portano una intera generazione ad autodistruggersi in quel modo?

Chi è che dovrebbe interrogarsi affinché tutto questo possa non ripetersi mai più?

E soprattutto i nostri figli sono al sicuro da questi pericoli?

Testimonianze come questa secondo me servono a spiegare come sono andate le cose, il nome del diretto interessato non lo farò per discrezione, anche se sono convinto che non cambierebbe le cose. Chiudo con la speranza di un futuro migliore da costruire insieme.

 

Salvatore Iodice

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